Io, che sono un Napoletano convinto e un meridionalista nel midollo, non ho avuto alcun dubbio: il mio eroe è Re Carlo di Borbone.
E non per ideologia o convenienza, ma per gratitudine. Per amore. Per quella forma di rispetto viscerale che si ha solo verso chi ha fatto qualcosa di immenso per la tua terra, e lo ha fatto in silenzio, con concretezza, con dignità.
Pochi forse conoscono davvero la sua storia.
Era giovanissimo quando arrivò a Napoli, e lo fece non da conquistatore ma da innamorato.
Entrò per Porta Capuana col suo esercito, con un gesto tanto simbolico quanto nobile: distribuì monete d’oro alla popolazione, quasi a dire “non sono venuto a prendere, ma a dare”.
La sua prima tappa fu il Duomo, per inginocchiarsi davanti al sangue di San Gennaro.
Nessun discorso, nessuna retorica: solo un atto di fede e di devozione... un inchino. E la sera, invece di rintanarsi nei palazzi, volle una cena popolare a Largo di Palazzo (Piazza Plebiscito), con il popolo tutto.
Da quel momento, Napoli smette di essere vicereame e diventa capitale di un regno autonomo: il "Regno delle Due Sicilie".
Con Carlo inizia la trasformazione vera, radicale, appassionata: la Reggia di Caserta, la Reggia di Capodimonte, il Real Teatro di San Carlo, l'Albergo dei Poveri, l'acquedotto Carolino, la Reggia di Portici, i primi scavi a Pompei ed Ercolano e tanto tantissimo altro. Napoli fiorisce, si apre, si eleva.
Diventa tappa del Grand Tour (l’Erasmus dell’epoca), e si confronta ad armi pari con Parigi.
Carlo fu l’uomo che rese Napoli degna dei grandi regni d’Europa, non con la forza, ma con l'arte, la scienza, l'urbanistica, la cultura.
Quando fu richiamato in Spagna, per essere incoronato Re, fece dapprima l'ultimo giro nei posti più belli di Napoli e non volle partire senza pregare ed omaggiare il santo patrono.
Quella notte stessa prelevò da una ampolla un pò di sangue di San Gennaro per portarselo con sé. Inoltre prima di salpare consegnò alla città un anello trovato a Ercolano, dicendo che apparteneva a lei.
La sua partenza fu un addio struggente, tra fuochi, salve di cannone e un mare di popolo che lo acclamava nel Golfo.
Napoli è ancora bella oggi grazie a lui. Eppure, non ha ancora una piazza vera che lo onori.
Piazza Carlo III inneggia al sovrano di Spagna, ma non al giovane Re che cambiò il volto del Sud.
Lo ripeto con emozione: si chiami "Piazza Carlo di Borbone".
È un atto di memoria, ma anche di giustizia. Perché il vero amore per la propria terra passa per il riconoscimento di chi l’ha amata per primo.
(Jennypranz)