IL GENIO DEL MALE E LA NAPOLI COMPLICE

 


(Jennypranz)


C’è un merito, forse l’unico, che va riconosciuto con onestà intellettuale a Giuseppe Cruciani: è, a mio parere, un genio del male.

Un uomo capace di trasformare la negatività in un marchio, la provocazione in una strategia commerciale, il veleno in spettacolo. A Napoli, insieme a Parenzo, ha messo in scena il suo rito prediletto: la messa del disprezzo, applaudita da chi, paradossalmente, dovrebbe esserne ferito.

Il genio del male e la sua macchina perfetta.

Cruciani non è uno sprovveduto. Ha un’intelligenza predatoria, una capacità innata di fiutare le fratture, di amplificare le tensioni, di trasformare ogni sofferenza culturale in un applauso.

Ha capito che Napoli è un palcoscenico emotivo: una città che sanguina e ride allo stesso tempo.

E lui, in quella ferita, ci sguazza. Con metodo. Con strategia. Con profitto. Il ruolo del pubblico: la complicità inconsapevole.

Ma il nodo, quello duro, quello che brucia davvero, è un altro: il problema non è Cruciani, è chi lo applaude.

Il pubblico napoletano che corre a vederlo, che ride, che lo esalta mentre la città viene demolita pezzo dopo pezzo, non è un pubblico vittima: è un pubblico complice.

E la complicità è sempre peggio dell’offesa.

Perché dà legittimità.

Perché dà linfa.

Perché alimenta il mostro.

La signora De Crescenzo, trasformata in mascotte folkloristica dell’ignoranza spettacolarizzata, è solo l’emblema più evidente di una dinamica più vasta: l’autosabotaggio culturale.

Napoli che applaude la propria ferita

È una scena crudele: una città che ride mentre viene offesa.

Una platea che confonde ironia con sottomissione, leggerezza con resa, intrattenimento con umiliazione.

Cruciani fa il Cruciani.

Il pubblico, però, smette di fare Napoli. Come risponde chi ha dignità.

La risposta non è il rancore: è la sottrazione.

È lasciare il genio del male da solo con il suo eco.

È togliere carburante, togliere palco, togliere pubblico. È capire che l’indignazione lo nutre, il silenzio lo indebolisce.

Napoli non deve offrire sé stessa come bersaglio volontario.

Napoli deve ricordare di essere altro: storia, cultura, profondità, non il giocattolo di chi vive di astio.

E allora diciamolo senza filtri: Cruciani non rovina Napoli. Napoli si rovina da sola quando si mette in fila per farsi insultare.

Un genio del male non vince perché è forte.

Vince quando il bersaglio si inginocchia da solo.

Chi applaude Cruciani non è moderno, né autoironico, né superiore: è semplicemente il collaboratore gratuito di un uomo che vive del nostro autolesionismo.

E la città che si lascia deridere non è vittima,

è complice della propria demolizione.

Finché Napoli non lo capisce, Cruciani sarà sempre vincitore.

Quando lo capirà, quella sarà la sua fine,

la fine di un genio del male privato finalmente delle sue comparse.